#pinkpride: l'orgoglio di leggere rosa non basta mai


Peggio dei pregiudizi e del bullismo nei confronti del genere rosa, ci sono solo i pregiudizi e il bullismo nei confronti di chi legge romanzi rosa.
Deridere una persona (uomo o donna che sia, perché sì, ci sono anche gli uomini che leggono romanzi rosa) perché legge un romanzo d'amore è con prendere in giro, a scuola, il bambino con gli occhiali (o perché si porta una merenda diversa da quella degli altri, o perché ha lo zaino diverso da quello di altri compagni... non lo so scegliete un futile motivo di bullismo a caso. Per me, al tempo, è stata prima la frangia, poi il mio diario di Sailor Moon, che amavo).
Le prese in giro a quel bambino non serviranno a nulla tranne a capire che deve difendersi per qualcosa che non credeva avesse bisogno di spiegazioni.
La verità è che il bullismo non serve a nessuno se non al bullo di turno che ha bisogno di un appiglio per sentirsi migliore di altri.
Le lettrici romance si sono viste definire da qualche testata nazionale come le contadine dell'Italia povera di una volta per le quali il massimo brivido d'entusiasmo era dato dalle processioni religiose.
O pellegrine in visibilio per il santo patrono.
O mogli/compagne di uomini deludenti.
Si indugia anche sul loro aspetto fisico, sottolineando la robustezza o il fisico giunonico (alla faccia del body shaming). Sì, esatto, proprio come quel bambino, a scuola, che puntava il dito contro "Cicciabomba" o "Balena puzzona", scatenando le ghigna del suo branco di gregari.
Perfino i gadget che le autrici distribuiscono ai loro incontri con le lettrici (in genere sportine di tela personalizzate, biro o segnalibri, spesso e volentieri prodotti a spese delle autrici stesse) non sono immuni da critiche, definiti carucci. Una poracciata, insomma. Il fatto che siano gesti simbolici per creare un legame autrice-lettrice non è mai stato considerato.
L'ironia dei romance viene targata come "scemetta", quindi, per la proprietà transitiva, anche la lettrice che sorride leggendo il suo romance è scemetta a sua volta.
Io leggo romance, scrivo romance e ne vado fiera. Ai libri che leggo e scrivo non interessa il mio titolo di studio, che lavoro faccio, se sono magra o "giunonica", se ho i capelli in ordine o ho in testa una scopa di saggina, se sono fidanzata o single, se sono ricca o povera. Ai libri non glie ne frega niente, i libri non giudicano. Le persone sì.
A chi storce il naso davanti al romanzo rosa perché è frivolo, le trame sono sempre le stesse, fa troppo leva sul sesso, io dico di guardare più in là del loro naso.
Il romanzo rosa è terapeutico: ha la capacità di rendere le donne felici, fa ritrovare loro la serenità interiore dopo una brutta giornata (guai al lavoro, una multa, il boiler rotto), impedendo che si trasformino in serial killer a piede libero. Vi pare poco?
Il romanzo rosa è stimolante: può far venire voglia di visitare la città in cui è ambientato, provare una ricetta di cucina preparata dai protagonisti, ascoltare una canzone citata da qualche personaggio, oppure un film di cui si parla in qualche capitolo. La positività che contraddistingue il romanzo rosa ha il pregio di aiutare chi legge a trovare nuovi slanci.
Il romanzo rosa è accessibile: la struttura lineare, il vocabolario contemporaneo, i dialoghi veloci, il ritmo incalzante, i temi del quotidiano rendono il testo fruibile a tutti, non serve un master in filologia romanza per comprendere un romance e questa sua caratteristica ha avvicinato alla lettura persone che non avevano mai preso un libro in mano prima. Se un libro trasforma un non lettore in lettore, allora ha fatto il suo dovere. Le critiche sono zero.
Il romanzo rosa è femminista, non tanto per i temi trattati, quanto piuttosto perché la lettura di un romance è svago puro, un regalo che la donna si fa per suo puro egoistico piacere. E non c'è niente di più femminista al mondo di una donna che mette se stessa davanti a tutto il resto.

#pinkpride, io leggo rosa e ne sono orgogliosa!



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