Se il lieto fine non è lieto


L'ho detto più di una volta: uno dei motivi per cui i romanzi rosa sono (troppo) spesso bistrattati dai lettori "nobili" (o così si reputano loro) è la presenza costante di quel finale prevedibile, banale, scontato in cui tutto si risolve, va bene e l'amore trionfa.
Mi sono autosottoposta (inconsapevolmente) a un esperimento.
Chi mi segue su Instagram e ha visto le mie story di questa settimana, sa che ho finito di leggere la serie di Nei panni di Valeria di Elisabet Benavent, una saga di quattro romanzi rosa, frizzanti, che strizzano l'occhio a Sex & the City e li ho amati così tanto che una volta chiuso l'ultimo, sono scoppiata in lacrime. Due sono i motivi:
1 - il prendimi-lasciami, il ti-amo-forse-no che hanno ballato i protagonisti per quattro libri prima di accettare i propri sentimenti mi aveva provato a livello emotivo;
2 - questa serie mi è piaciuta così tanto che non riuscivo a farmi una ragione di averla finita, del genere "La mia vita non ha più senso".
Ed è scattato subito lo stalking. La Benavent ha creato sui suoi social molti contenuti extra collegati alla saga tra cui la pubblicazione di un finale alternativo.
La mia astinenza da Valeria e Victor mi ha spinto (con molto masochismo) ad andare a leggermelo (traducendomi ogni paragrafo su Google dallo spagnolo).
Pazza incoscente! Perchè l'ho fatto?!?
Sì, perchè la sadica autrice non è stata buona con il mio tenero cuoricino.
Niente happy ending.
La nostra eroina, sette anni dopo la fine della storia non ha scelto di stare con il suo (nostro) amato Victor. Lui non le avrebbe garantito stabilità, impegno, ancora non certo al 100% dei suoi sentimenti dopo 4 libri. E così lei ha salvaguardato se stessa, il suo cuore, e si è sposata un altro. Questo altro la ama, la rispetta, le ha dato una famiglia, ma... non è Victor. Si è accontentata e lo sa.
Le basta sentire la risata di Victor.
Il caso vuole che 7 anni dopo, lei lo incontri di nuovo, alla soglia dei 40 anni, in compagnia di una splendida 25enne.
Il tempo le ha dato ragione: lui è incapace di amare, di impegnarsi in qualcosa che sia di più che rotolarsi tra le lenzuola, si annoia facilmente e riesce a dare retta solo al suo egoismo.
La vede, in lui si risvegliano i ricordi della loro relazione, le chiede se può chiamarla facendole intendere che potrebbero riprendere i rapporti, tanto passionali quanto incerti.
E Valeria sa che per quanto sofferta, la decisione di lasciarselo alle spalle, è stata giusta.
Si scambiano un "Arrivederci" che a entrambi e al lettore suona come "Addio". Un ultimo straziante abbraccio, e lei sale sul suo aereo.
VI E' PIACIUTO?!?!
A ME NO!!!
Se la serie Valeria si fosse conclusa così, senza un "noi", senza Victor e Valeria felici e contenti per sempre, in modo così realmente brutale, oltre a piangere sangue, credo che la serie non avrebbe avuto senso.
Perché è un viaggio uno verso l'altra. Perché c'è una crescita emotiva, un superamento di se stessi e dei propri limiti. E' ascoltarsi, imparare a capirsi.
Ecco la dimostrazione del fatto che il lieto fine non è affatto scontato (trovare l'amore vero è scontato?), banale (amore è slancio a dare, è forse banale?), prevedibile (sì, certo, nella vita non riusciamo nemmeno a prendere due semafori verdi consecutivamente), ma necessario, perché chiude un cerchio.
I romanzi rosa, per quanto i più storcano il naso, sono caratterizzati dall'happy ending e ciò non ha niente a che fare con il rifiuto di crescere, diventare adulti e accettare la realtà, se mai il bisogno di staccare la spina dall'iperrealismo crudo e spietato della vita di tutti i giorni.
Ma per essere più chiari facciamo un po' di esempi.
Come immaginate Orgoglio e pregiudizio con Darcy che sposa Miss Bingley? Perchè, diciamocelo, nella realtà avrebbe sposato Miss Bingley. Lui è un uomo d'affari e quello sarebbe stato il matrimonio più giusto per la sua classe sociale e vantaggioso sotto il profilo economico. Ma non sarebbe diventato il romanzo eterno che conosciamo.
E provate a pensare a Pretty Woman (sì, scomodiamo anche il cinema): Richard Gere lascia andare Julia Roberts sulla limousine, lui torna a New York e lei a battere su Hollywood Boulevard.
Semplicemente inconcepibile.
E Carrie che rimane a Parigi a fare da ombra all'ingombrante ego di Alexandr Petrovsky, senza neanche più ispirazione per scrivere, domandandosi se con Big avrebbe mai potuto funzionare. (Ve la ricordate la cinica Miranda che dice a Big "Valla a prendere?"... Ecco, tutte ci meritiamo un uomo che ci viene a prendere).
O Cenerentola: il principe che sposa Anastasia o Genoveffa vi piace? Non credo.
Il lieto fine nei romanzi, nelle storie d'amore è d'obbligo non tanto perché la lettrice, povera ragazzina immatura (ironia), non è in grado di affrontare la realtà.
Serve perché la conosce fin troppo bene la realtà.

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