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L’amante perduta di  Shakespeare

Nick Montecristo ha ventisei anni e ha già vissuto nove vite. Evaso dal carcere in cui era rinchiuso grazie all’aiuto di un generoso e astuto mentore, Nick si reinventa ancora una volta nei panni di ladro di opere d’arte su commissione. La sua cultura, il suo ingegno e l’indiscusso fascino sono preziosi sul campo e lo rendono sin da subito uno dei più desiderati del settore. Ma Nick non ha messo in conto l’intromissione di Angelica…

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L’amante perduta di Shakespeare

Ai santi in paradiso preferisco avere i diavoli all’inferno. I santi ti proteggono nel bene, i diavoli ti salvano il culo quando sei nella merda. Io, nella merda, c’ero ben al di sopra del collo. Fino a un mese fa ero dietro le sbarre in un carcere, a scontare una condanna che avrebbe risucchiato metà della mia vita, mentre oggi siedo al tavolino di una sala da tè in rue des Capucins, città alta, Lussemburgo.

Un granducato incastonato tra Francia, Belgio e Germania, neanche tremila chilometri  quadrati di terra che custodiscono i patrimoni di oltre duecentocinquanta miliardari di  tutto il mondo e sede fiscale di più di centoquarantaduemila aziende. Mi piacciono i  numeri, soprattutto questi. «Il suo tè, monsieur». Una giovane cameriera sorridente mi  serve la mia ordinazione. «E il latte». «Niente latte, grazie». «Pensavo che voi inglesi  metteste sempre il latte nel tè», osserva incuriosita. Ha l’aria dolce e su per giù la mia  età. «Nei tè indiani, neri, come l’Assam o il Darjeeling per smorzarne la robustezza  dovuta alla forte ossidazione. Questo», spiego girando il cucchiaino nella tazza, «è  verde. Come la maggioranza dei tè cinesi». «Zucchero?» «Mi piace senza». «Biscotti al burro? Li fa la pasticceria migliore della città». «Sono a posto così, grazie». «Guarda che i biscotti sono già inclusi  nell’ordinazione», mi fa presente Giles, raggiungendomi e sedendosi nella poltroncina  accanto alla mia.

«Un decaffeinato per me, grazie». «Sei in ritardo», gli faccio notare. «Con i clienti importanti non esistono orari, si resta finché hanno bisogno». «Allora io non  sono un cliente importante», constato. «Tu non sei un cliente». «E cosa sono?» «Il  “nipote” di un amico. Non fare economia sui piaceri della vita», mi rimprovera lui, per poi  rivolgersi di nuovo alla cameriera tornata col suo caffè. «Ci porti anche quei biscotti, per  favore». «Non sto facendo economia», ribatto, «sai perché l’Impero Romano è caduto?  Perché quando hanno annesso i regni mediorientali, gli eserciti si sono lasciati andare  agli agi e si sono rammolliti». Giles ride. «Un impero stroncato da un bagno turco». «Più  o meno, sì», rispondo serio. «Sei giovane per darti una regola di vita così severa. Quan- ti anni hai?» «Ventisei». «Prima o poi mollerai il tiro e ti godrai i lussi». «Più poi che  prima». Non disdegno i lussi – chi lo fa è un ipocrita – ma cerco di non abituarmici, la  comodità impigrisce e una volta goduta poi non si è mai preparati a perderla. «In ogni  caso non avrai molto tempo per crogiolarti nella tua riconquistata libertà. Una volta  allertata la “lista”, i nomi non hanno esitato a farsi sentire. Ho già un nutrito elenco di “consulenze” da sottoporti». «È una bella notizia», commento  da sopra il bordo della mia tazza. «A cominciare da uno dei collezionisti più ambiziosi del Regno Unito. Alastor Lockridge. Ti aspetta già domani pomeriggio nella sua tenuta di  Anglesey». «Di cosa si tratta? Quadri? Gioielli?» «Questi dettagli non me li forniscono  mai». «Non sono dettagli».

«Una delle prime cose che devi imparare di questo mestiere  è che meno informazioni si divulgano, meglio è. Quello che fai e come lo fai non mi  riguarda, io sono solo un fiduciario, il mio unico interesse è sapere da chi arriveranno i soldi delle tue commissioni e quando». «E la tua percentuale», aggiungo. «È il prezzo  del silenzio, Nick». «Ricevuto». «Emozionato di tornare nella vecchia Inghilterra?» «Non  credevo che l’avrei mai più rivista». «Gli “amici” più affezionati di José vengono da lì, ti  troverai spesso a portare i tuoi saluti a Sua Maestà». «Potrei valutare di cercarmi un  appartamento lì. Mi è sempre piaciuta la campagna del Sussex», scherzo. «I fantasmi  come te non hanno case, né lì né altrove», ribatte Giles senza percepire la mia ironia.  «Non esisti, non lasci tracce, men che meno un citofono con il tuo nome sopra». «Me lo  ha detto anche José». «Allora ricordatelo». Si alza in piedi e posa due banconote sul tavolo. «Sei pronto a guadagnare il tuo primo milione?»«Non vedo l’ora». Mi alzo anche  io, seguendolo fuori. «Credo che la cameriera ti abbia appena salutato». «L’ho vista». Mi  ha fatto un cenno con la testa, seguito da un timido gesto con il palmo. «E anche le  donne rientrano tra i piaceri che di regola ti neghi?». Un secondo prima di lasciare il  locale mi volto verso di lei e ricambio il saluto con un sorriso. «Tutte le regole, Giles, hanno delle eccezioni».

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Chi Sono

Felicia Kingsley

Sono nata il 13 ottobre del 1987 a Carpi, una cittadina nel Nord della provincia di Modena. Felicia Kingsley è lo pseudonimo che uso per firmare i miei romanzi, può suonare straniero ma sono emiliana certificata.
Il mio segno zodiacale è bilancia ascendente toro, sono laureata in Architettura e, oltre a scrivere, amo leggere, ascoltare musica, dipingere, viaggiare, sognare a occhi aperti, i mercatini vintage, fare decluttering, le candele aromatizzate, lo spritz al mirto. Forse avrai notato che non ho menzionato lo sport, questo perché sono sostanzialmente pigra. L’incostanza è un altro mio difetto.
Ho anche un pregio: crescendo ho scoperto di essere una persona molto determinata.

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